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XX

L’inverno era trascorso. Ai geli della temperatura, alle nevi che coprivano la campagna, erano succeduti i zeffiri primaverili e le erbette. — Ov’era il ghiaccio, giù pei burroni ammantati di bianco, spuntavano timidette le viole schiudendo i loro profumati petali alle aure vivificanti. — Le colline avevano perduta la loro squallida apparenza, ed ai tiepidi raggi solari spingevano dal loro seno i primi sbucci del muschio che le rende sì belle.

Le nebbie della notte dileguavansi sul mattino, posando roride stille di rugiada sulle zolle fiorenti, gli alberi già si coronavano della loro verzura nascondendo gli stecchiti rami. — Eppure tanta dovizie di vegetazione, i primi saluti di natura che ritorna al sorriso, segnarono gli ultimi giorni dell’esistenza di Ermanno.

— A metà della primavera, fra il profumo dei fiori e le carezze dei zeffiri, il povero giovane esalava l’ultimo sospiro sulle labbra dell’infelice madre.

Fu una lunga agonia! Durante l’inverno stette a Brescia; nella primavera i medici gli consigliarono l’aria pura dei colli, epperciò fu ricondotto alla villa del conte. Ma tutte le cure e le sollecitudini furono