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— Senti Alfredo, non potresti dilazionare? Per questa sera avevo un’altro progetto.
— Impossibile, se tu non mi prometti di venire, non avrò più il coraggio di presentarmi a casa; mia cugina...
— E dalli.
— Oh senti, tu verrai ad ogni costo, perchè ho già impegnata la mia parola; anzi siccome conosco i tuoi gusti per la tranquillità, diedi ordine che per questa sera non si riceva alcuno; così saremo noi soli a bearci delle tue melodie. Ripassa se lo hai dimenticato quel tuo bellissimo notturno — Al chiaro di luna — Mia cugina è ansiosa di sentirlo. — Siamo dunque intesi, stassera alle sei ti aspetto, pranzeremo insieme.
— Impossibile, interruppe Ermanno, fino alle otto non sono in libertà.
— Perchè?
— Perchè alle sette ho un altro impegno.
— Allora alle otto, già di te mi fido...
— Sta sicuro.
— Addio.
— A rivederci.
Alfredo Ramati era un simpatico giovinotto di distinto casato; la sua famiglia era molto ricca, ma questa volta, come non avviene troppo spesso, le ricchezze andavano congiunte ad una bontà e compitezza veramente rara. — Il padre di Alfredo era stato avvocato di molta fama in gioventù, ed ora all’ombra della pace domestica si godeva i frutti del suo lavoro. Sua moglie era morta da parecchi anni lasciandolo con due figli, Alfredo e madamigella Letizia. Quest’ultima disimpegnava le funzioni di padrona di casa, e tutto veniva regolato secondo il di lei gusto.
Alfredo aveva una passione pronunciata per la musica, ed era legato ad Ermanno per vincolo di vera amicizia; il suo affetto e la sua ammirazione pel gio-