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XVIII

Passeremo d’un tratto due mesi che scorsero per Ermanno in una sola angoscia. Dopo la lettera di Paolo egli perdette tutte le speranze, e comprese d’esser stato vittima di una dolorosa illusione. — Non si strappa da un cuore nobile la radice di un affetto che v’impresse profondo solco, senza lacrime, e senza sangue; non si abbandonano di subito le più care speranze, nè si soffrono i più grandi disinganni senza che l’anima non riceva tremende scosse, senza amaramente soffrire.

Ermanno concentrò sè stesso in un’attività febbrile, nascose a tutti il suo dolore che tentava d’improntarglisi sul volto, ingannò financo sua madre, simulando talora allegrezza; ma per ciò fare, dovette chiudere nel suo seno tutta l’amaritudine che voleva farsi strada, dovette celare una serpe che gli rose ogni speranza.

Debole per natura, affranto dalle fatiche che s’imponeva studiando continuamente, ricadde ammalato; il morbo che già due volte lo aveva minacciato, ritornò all’assalto più possente di prima.

Verso la fine di febbraio fu obbligato a letto, ove lo troviamo ancora al principio d’aprile.

Da qualche giorno però, dava segni di migliora-