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«Mio buon Ermanno, io spero che non ti darai alla desolazione perchè una donna ti ha tradito; scuoti per quanto puoi il tuo amor proprio, la tua stima d’artista, e sollevati dall’avvilimento in cui ti trasse un fatale errore. — Vuoi tu sapere perchè madamigella Laura trovò la tua condotta biasimevole? perchè la prima volta le venne il rimorso di alimentare un’affetto incompatibile co’ suoi doveri?... Vuoi tu sapere infine, perchè durante tutto il viaggio in Toscana, ella non ti scrisse mai? Ascolta.

«Prima di tutto, è bene il dirti che fra i suoi compagni di viaggio, eravi quel certo cugino di madama Salviani. Tu lo conosci, è un giovane distinto, figura discreta, spirito discreto, con un reddito di venti mila lire annue; e questo fra parentesi passa la discrezione. Il signor Filippo insomma si presenta sotto un’ottimo punto di vista agli sguardi di una signorina da marito.

«Ignoro quel che può essere avvenuto durante il viaggio, ma so per altro che fin dal primo giorno del loro arrivo in Milano, quel signore è diventato intimo di casa Ramati; vi entra di lungo e largo, accetta spesso inviti a pranzo, accompagna madama e madamigella al corso, le visita in palco; e di notte passeggia sotto al balcone di Laura.

«Ecco la chiave di tutto; ecco come quella debole creaturina ha trovato il filo di tutte quelle virtù, e di tutti quei doveri di cui si mostra tanto gelosa.

«Mi pesa orribilmente all’animo il farti questa rivelazione; ma è mio stretto dovere d’amico di nulla tacerti, perchè non voglio prolungare la tua incertezza con un crudele silenzio.

«Io lo so, queste mie parole ti suoneranno amare, ma spero nella reazione; dissi tutto d’un fiato per darti uno scrollo improvviso; è un rimedio estremo