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Paolo ad Ermanno.
10 Settembre.
«Da due giorni mi trovo qui alla villa Ramati, ove appena giunto mi colmò di gioia la notizia che mi diede Laura della tua guarigione. Ti assicuro che ero assai inquieto per la mancanza di tue lettere, e se Laura non avesse saputo qualche cosa del tuo stato, non avrei indugiato a venirti a trovare. Fortunatamente ciò non è necessario, e ne sia lode al cielo; ora sapendomi qui non ti costerà gran fatica l’indovinare lo scopo di questa mia lettera, della quale prima di tutto, dichiaro che intendo essere assolto.
«Se ti scrivo, non è tutto per mio volere, giacchè in questi giorni passai sotto gli ordini di madamigella Laura che mi comanda di rivolgerti la parola, mettendomi a forza la penna fra le dita.
«Laura adunque mi ordina di dirti, che noi siamo felicissimi per la tua guarigione, e ne rendiamo grazie al Signore; ma siccome tu hai la smania di occuparti di soverchio e facilitare così una ripresa al male, noi ti preghiamo, e se fa duopo ti comandiamo di dar passo per ora agli impegni, e goderti la convalescenza. Per ciò, al solo scopo di prevenire i funesti effetti di una ricaduta, ti dichiariamo che sei atteso qui senza fallo entro domani, od al più tardi per il giorno dopo.
«Quest’ordine è scritto sotto gli occhi di Laura che in questo punto mi dice averti già ella tenuto parola in proposito, perciò credo che non ti farai di troppo desiderare, e.... volerai ad appagare le nostre brame. — È inutile che io ti aggiunga preghiere dopo quanto ti avrà scritto questo angioletto che mi sta