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suo concetto un’idea inconseguibile, ed altro non posso che mandarti un saluto da lungi.

«Da quindici giorni, mi trovo qui fra queste allegre collinette con un cielo calmo e delizioso, un’aura soave come carezza di piuma; e sento che il mio spirito abbattuto si rialza, che l’anima mia penetrata dallo sconforto, riprende la via di una fede sublime.

«Tutto qui è placido, affettuoso, tutto ha l’impronta di un ingenuo sorriso, tutto sembra armonico, ed il sibilo dell’aria che striscia fra i fogliami dei vigneti, racchiude in sè le modulazioni di un canto pastorale che mi commuove le più recondite fibre del cuore. In questi pochi giorni ho tanto bene dimenticato il mondo, che mi ricordo solamente di quelli che amo.

«Io non so dirti, mia Laura, quale soave mestizia trasfonda in me questo patetico soggiorno, ma egli è certo che qui mi trovo cambiato, e solo fra il riposo di una sì placida esistenza posso concepire una felicità possibile all’uomo che sa contentarsi delle scarse gioie che presenta la vita.

«Oh quante belle speranze mi si ridestano in seno fra le mollezze di questa dolce solitudine, quanti bei sogni!.... Ma non senza dolore mi accorgo che anch’essi sono baleni di luce artificiale che spariranno colla mia partenza da questi luoghi. — Ho lavorato molto, ma più di tutto ho pensato a te mia bella Laura, alle gioie del nostro amore, e stamane non seppi resistere al desiderio di mandarti un saluto dall’alto di questi colli.

«Addio dunque, fanciulla mia, in queste parole si comprendono un’infinità di dolcezze che io stesso non so dirti. Addio, possa questo mio saluto trascorrendo il tratto di cielo che mi separa da te, giungerti nell’istante del tuo risveglio, sicchè il primo pensiero