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volte all’intorno come se cercasse di persuadersi della realtà; volgendo la sua graziosa testolina verso di me stette a fissarmi alquanto, mandò un leggiero gorgheggio, battè le ali, e via di volo nel libero cielo.

«In un baleno egli scomparve dagli occhi miei, ma io stetti lungamente rivolta a quella parte donde era sparito, e quando rinvenni in me, mi accorsi di avere gli occhi umidi di pianto. — Or non è più quella cara bestiolina che mi rallegrava co’ suoi melodiosi gorgheggi, non sarà più necessario che io sciolga fra le erbe del mio giardino quei fuscellini a lui sì graditi; il piccolo prigioniero non è più, partì salutandomi e dimenticando persino lo zuccaro di cui era sì ghiotto.

«Non ho agito bene, mio Ermanno? Perchè fare l’infelicità di cotesti esseri per soddisfare un semplice capriccio? io vorrei poter beneficare tutto il mondo, e ciò perchè ti amo tanto, e penso che tutto quello che faccio possa meritarmi sempre più il tuo affetto.

«Ho tanti saluti da porgerti per la signora Salviani. Ieri fummo a trovarla, ed in confidenza, se io non fossi più che certa dell’amor tuo diverrei gelosa per gli elogi che essa ti fece. — Ricordati che ti aspettiamo in campagna, verrai bene a passare qualche giorno alla mia villa? La mamma incaricò il signor Paolo di rinnovartene invito, e conta su te. Partiremo alla fine del mese, vale a dire fra qualche giorno.

«Non vedo l’ora di abbandonare questa nojosa Milano per recarmi in campagna. Sono certa che colà passerò vita felice, perchè fra quella solitudine beata, mi sarà dato di pensare sempre a te, mio caro Ermanno.

«Scrivimi subito per dirmi quando verrai a trovarmi; noi ci fermeremo sin verso la fine di ottobre. Anche il signor Paolo sarà dei nostri; che bravo