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compiacerlo malgrado che Paolo protestasse essere la musica cosa indigesta dopo pranzo. —
Ermanno si assise al piano, scelse un pezzo di studio di madamigella, e lo eseguì colla massima facilità, e diremo quasi con noncuranza, perchè in quel momento era preoccupato da ben altro — Il signor Ramati che aveva libato piuttosto in abbondanza, inarcò le ciglia a tanta abilità, e predisse al giovane pianista un’avvenire di fortuna —
— In fede mia, diceva Paolo ad Ermanno qualche tempo dopo, tu sei il più fortunato briccone che io mi conosca, e non so davvero con quali arti tu abbia stregati in un punto padre, madre e figlia — Con tali successi, caro mio, non ti mancherà mai più pane, ed un giorno o l’altro infilzandone una per bene, farai la tua risorsa...
— Bada Paolo, rispondeva Ermanno alquanto risentito, tu spingi tropp’oltre il sarcasmo, e ciò non va bene. Per te pessimista di cattivo genere, non havvi nulla di sacro, tu scherzi e facezii anche sulle cose più serie, e davvero che non invidio questo eccessivo buon umore. Tu hai molte buone qualità, ma hai pure il grave difetto di vedere del calcolo in tutto — Per me non te ne faccio un mistero, adoro quella fanciulla, ma ignoro se la sposerei...
— Come, chiese Paolo stralunato, anche questo saresti capace di fare?
— Certamente, e spero che ciò varrà a provarti almeno che io non calcolo tutto, e lascio libera azione al cuore ed alla ragione...
— Niente affatto, protesto... per mia garanzia in avvenire, che tu faresti una grossa corbelleria rifiutando queste nozze, qualora se ne presentasse l’opportunità...
— D’altronde mio caro Paolo, queste sono facezie,