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pensava seco stesso quando potrebbe fare una gita a Milano.

Decisamente egli aveva una faccia molto più allegra, giacchè sua madre nel vederlo entrare, mandò un’esclamazione di gioia, e gli corse incontro chiedendogli se si sentisse meglio. — Ermanno difatti era di molto sollevato, il ritardo di Laura nel rispondere gli aveva destato nell’animo crudeli sospetti che tosto si dileguarono alla lettura di quei cari accenti.

Occorre forse dirlo? Appena si trovò solo, rilesse varie volte quella lunga lettera; ed in ogni parola parevagli di trovarvi un nuovo senso confermandosi viemmeglio nella certezza di essere amato.

Noi cerchiamo invano per la mente qualchecosa da paragonare alla felicità di Ermanno, ma non è possibile di trovare idea che vaglia appena a darne sembianza. — Amato! questa parola che per sè stessa non esprime che un sentimento naturale, porta seco tanto prestigio, racchiude tante dolcezze e diciamolo pure tante illusioni, che l’anima di chi ne risente l’influenza si commove fino al delirio.

La lettera di Laura portò un lungo riflesso di felicità ad Ermanno, che per qualche giorno visse si può dire di essa; ma pur troppo anche la felicità diventa abituale, e dopo poco tempo, non bastavano più a consolarlo alcuni pensieri scritti sulla carta, e lentamente ritornò alle sue malinconie. — La madre non fu tarda ad accorgersi della ricaduta, ed aveva non pochi timori, tanto più che da qualche tempo la salute di Ermanno erasi sensibilmente alterata. Quegli slanci troppo arditi, quelle emozioni troppo profonde, danneggiavano quel corpo già per natura fragile e malaticcio.

Ormai per quella donna non era più un mistero l’amore del figlio; l’aveva veduto più volte con quella