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— Ehi Martina?... lì nell’isola, ghe el Re Mistulfo senza la testa!
E tutti e due questa volta risero proprio di cuore.
Tutti sul battello erano in chiacchiere; fervevano discorsi fra le donne sedute e gli uomini in piedi, si ciaramellava dappertutto e tratto tratto qua e là scoppiavano ilarità fragorose.
Tutti erano allegri, di quell’allegria che viene da una bella mattinata alla gente che è fuori per ispassarsela senza fastidii.
C’erano là in mezzo tipi strani, disparatissimi, affollati, accumulati in quel pigia pigia festajolo, che sui piroscafi e sui treni ferroviarii esercita un’efficace propaganda di uguaglianza civile e democratica.
Dame con bambini sonnecchianti in grembo; belle fanciulle serrate in un’eleganza sciolta e civettuola da villeggiatura, sporgevano lungo la fila dei sedili certi piedini che facevano pensare a mille diavolerie; e gli allegri visetti incartocciati in cappelli birichini, si barattavano sorrisi vibranti di spensierata giocondità.
I giovanotti della comitiva ballonzolavano or su questa or su quella, come se volessero beccarle tutte,