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— Che el fasa èl piasì de botonarsi la brajeta! — e gli voltò le spalle.
Noretti si provò ad attaccare conversazione dicendo che andava ad Omegna, avendo saputo che ella era colà; ma i Gibella muso duro, non risposero e guardavano via; ed egli o che avesse capito il latino, o che si riservasse di ripigliare più tardi l’argomento, si allontanò.
— Anca lu el ven a Omegna! — mormorò Gaudenzio desolato alla moglie.
— Anca lu?... — rispose Martina. — Piuttosto alora in fond del lag, ma mi a Omegna ghe vegni pu!
Decisero di scendere a Oira.
Il battello rallentava approdando all’isola di San Giulio. Sulla spianata, all’ombra delle piante alcune signore villeggianti stavano guardando l’imbarcazione, e man mano che riconoscevano qualcuno, si stempravano in saluti, riverenze, e discorsi buttati a frammenti nell’aria.
I Gibella guardavano l’isola, e stavano sbadati a sentire le chiacchiere.
Gaudenzio ricordandosi in confuso quella cantafera di Mimulfo e di Agilulfo gonfiatagli la sera innanzi dal professore, sclamò comicamente sorridendo: