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Un organino a piano fermo dinanzi al caffè principale, intuonò un valzer in gran voga del maestro Capitani.
Quelle vibrazioni allegre lanciavano guizzi di giocondità festiva; le belle sartine ondeggiavano in un brisciamento voluttuoso; quella musica civettuola, leziosa, le cacciava un subbuglio fra le sottane, un fermento diabolico nelle gambe, e visibilii nella testa.
Le campane della parrocchia sbatacchiavano senza posa, l’organino frinfrinava, dal lago venivano ondate di cantilene vociate in coro da comitive di popolani che a barcate convenivano a Orta per la festa.
Il sole arrazzava torrenti di porpora dilagando in un profluvio di cosmiche iridescenze; la riviera effondevasi in un trionfo di colori, e dovunque, nel cielo, sul lago, nei campi e nei cuori ferveva una baldanza chiassosa di tripudio!
Il professore Fernando Amadeo passeggiava da un pezzo fra la gente cercando con l’occhio i coniugi Gibella, ma dovette aspettare del tempo.
Erano le sei quando Gaudenzio e Martina scantonarono in piazza. Non avevano veduto il magnifico tramonto, ma avevano dormito benissimo tutto di un fiato, fino a quell’ora.