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cognito. Infatuato di sè, convinto della sua missione di portare per il mondo un campione della serietà cavalleresca, non badando ad altro che a tener alto il suo sussiego di gentiluomo, egli stava là ritto, fiero, occhieggiando intorno, senza nè vedere, nè sentire le bellezze del lago e dei monti, e la festa di colori che si rovesciava dalla gran tavolozza del cielo sopra tutta la riviera.

Dall’albergo del Persico una gazzarra di fanciulle sciamò sulla piazzetta con vivacità giovanile. Era una combriccola di belle sartine venute dalla città per godere la festa dell’indomani.

Le capitanava la padrona, accompagnata dal marito, unico maschio della partita.

Le ragazze strette a braccetto, a due a tre, con vestitini d’ogni colore tagliati con garbo sul recente figurino, inguantate, incappellate, avevano svolazzi e trine dappertutto. La smania del soverchio ammazzava il buon gusto; le poverette avevano indosso tutto il canterale, nastri, svolazzi, veste, sopraveste, fiori sul cappello, veli sui fiori, parasole, ventaglio, panier ed altre chiappolerie: una carica da giumento.

Avevano pranzato con un minestrone, un pezzettino di stufato, un bicchiere di vinello; non ci