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— E se ciaman dove vo? — obbiettò Gaudenzio.
— Oh bela! cosa han da savè lor?... Vò dove me fa piasè!
Gaudenzio parve persuaso, e s’incamminò verso l’albergo; ma per dire il vero, avrebbe volentieri pagato due lire a mandare un altro.
Tornò di lì a pochi minuti col suo saccone, e subito Martina lo interrogò sulla spesa.
— Otto lire la cena, e quattro la camera.
— Vott lira?! — sclamò madama — Vott lira per un oss de can, e na minestra de ris e musch?... ch’el vada a...!
Il professore interruppe:
— Dobbiamo andare al Merlo Bianco?
Attraversarono il ghiareto della piazzetta biancheggiante di un sole che dava le vertigini. Sotto i portici videro il solito elegante seduto al caffè, sempre inguantato, e sempre solo.
Sor Gaudenzio era lì per salutarlo, ma colui lo squadrò dall’alto al basso con cipiglio di superiorità che non ammetteva confidenze.
Il professore svoltò in un vicolo, e gli altri dietro, e dopo poca strada, entrarono nella trattoria del Merlo passando per la cucina buia e nera di fuliggine.