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nuova sghignazzata che gli andava in tanto buon sangue.

Sghisciò via sulla Levia, e fermò l’occhio sopra una poesia che per la rotondità dei caratteri tipografici, e per lo spazioso interlinea, gli prometteva una comoda lettura.

Nedia! Oh, vediamo un po’ questa roba; — e con la sicurezza di uno che sa dove si mette, incominciò:

»Ondeggia il mar di chiome gradanti via cupe, ingiallite
»A’ piè della collina, gradanti a ’l mare.
»Azzurro ’l mar traguarda confuso co ’l ciel di topazzo
»in una linea dolce — soavemente —
»e traguardan le fila dei pioppi la striscia d’argento
»del Liri, da cui emergon le Vallisnerie
»assopite cullantesi...

Non ci pigliava un’acca sor Gaudenzio, ma tirò via saltando qualche verso.

Aspettava le ova, dunque, avanti.

».............................................incendiando
»la messe flavo ’l sole giulivo da l’alto, ne ’l cielo,
»Canta; e i ramarri sghisciano in mezzo a ’l grano.

E qui Gaudenzio fece una considerazione. Lasciamo andare il flavo, chissà che roba sia; ma