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Alcune vecchie venerande in montura di matinée, passeggiavano gravemente sul tappeto muschioso. Una più delle altre arrembata e stracca, pareva una vecchia matrona tagliata via da un quadro antico; camminava con uno strascico regale, riassumendo nella sua decorata decadenza tutta la nobiltà di una stirpe cavalleresca nudrita di blasoni e di pergamene ingiallite.
I bambini coi loro garriti mettevano una nota festosa nel mutismo cupo ombroso di quel romitorio, olente di rancidume claustrale, e di olio santo.
Gaudenzio sbadigliava fino a lussarsi le ganascie, dietro a quel cornacchione che non finiva mai la sua tiritera.
I contadini del gregge, tanto e tanto prendevano interesse a quella lanterna magica di rappresentazioni, e le donnicciole nella fatuità del loro cervello stremato, anemico per famina ereditaria, si commovevano al cospetto di quel povero santo macilento, tribolato, e provavano raccapricci di terrore mirando le bocche spalancate e polverose di quegli scherani nerboruti, con le braccia da macellajo sempre in atto di squartare i poveri Cristiani.
Ma Gaudenzio non aveva il sangue impoverito