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Martina capì subito che per quegli intingoli ci volevano le zanne di un lupo.
Gaudenzio si provò a rosicchiarne una; ma ohimè, quando riusciva a strapparne un brandello, il guaio peggiore stava nel masticarlo; e dopo molte riprove, respinse il piatto, e disse con un sorriso pungente al cameriere:
— Cisti... questa l’è la mascela de Sansone!
— È un po’ al dente?
— Alter che al dente! questa l’è carne de cane!
— Comanda altro? frutta, formaggio?
— Va bene...
Il cameriere portò pesche e stracchino, ed i Gibella vi si attaccarono di gusto.
Entrò un nuovo avventore.
Un giovinotto un po’ tozzo con una testa voluminosa, occhietti ravvicinati al naso sguajato, bocca tagliata a falce, adombrata di baffetti fatti a virgola.
Vestiva con grande ricercatezza, ma stava male nei panni; solino alto secondo le esigenze della moda, ma anche quello male adattato; gli montava su verso la nuca incassandogli la testa massiccia in un collare da cane buldocc.
Gli fu servito un osso buco.
I Gibella riconobbero quell’osso, e si ricambia-