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volontieri rifugiati sotto le coltri senza neanche cenare.
— Desiderano pranzare?
— Pranzare no, — rispose Gaudenzio, — ma due fidelini van minga mal.
Quando scesero, trovarono la tavola apparecchiata in una sala attigua ad un terrazzino, prospicente sul lago.
Il cameriere portò una lucerna, e subito, dalle finestre aperte, sciamò un nugolo di zanzare bianche.
— Ci sono anche qui i moschini? — chiese il droghiere.
— Non è niente, sono del paese: che cosa desiderano?
I coniugi si consultarono, ed accettarono l’offerta di un osso buco, e minestra con verdura.
Servirono subito l’osso buco. Un moncone di stinco ravviluppato in un brandello di carnaccia coriacea, legata con refe, e impappinata in un giulebbe di sugo nerastro.
Non c’era verso di addentare quella carne ribelle ne’ suoi tegumenti di gomma elastica; Martina coi suoi poveri denti tarlati, dovette contentarsi di intingere il pane nella poltiglia di sugo.
— Ehi! bel giovine? — sclamò il droghiere