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Va ben, l’è fata! — rispose Gaudenzio allietato.

Consultò l’orario: il battello partiva alle due per Gozzano; prima di sera sarebbero a Sanazzaro.

Uscirono; fecero una passeggiata fuori verso la strada della Strona.

Il cielo affondava in un fulgore di ceruleo tenue; le montagne risciacquate dalla piova, verdi, fresche, parevano uscite allora dal pennello di uno scenografo. Lassù dai cigli audaci scendevano, serpeggiavano in bianca spuma, cascatelle e rigagnoli lancinanti argentei lucori fra il verde morbido, vellutato dei greppi. Il grandioso panorama della valle sfumava lontano in una chiarità di vapori fulgenti nella gloria del sole.

Ma i Gibella non vedevano che l’ora di tornare a casa.

L’imbarco, la traversata del lago, la partenza sul treno da Gozzano, tutto il viaggio, insomma, passò senza un rimpianto, senza un pensiero a quei luoghi ameni, che erano stati il loro sogno di tanti anni.

Via, via! a casa, come in fuga, incalzati dall’unico desiderio di riparare sotto il loro tetto, bramosi non d’altro che di obliare al più presto, che

     Cagna. La scampagnata. 15*