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— Ahi!... oh mi! — gemè Martina.
Gaudenzio si sentì raggrumare il sangue; si volse, ma il dottore era là col ferro levato, e Martina pallida, convulsa, non voleva.
— Coraggio, signora; mi lasci vedere; è più la paura che il male.
Martina si rassegnò: aprì la bocca, e l’altro dentro subito col ferro.
Gaudenzio andò fin sull’uscio... uno, due, tre... Dio, che batticuore!
Un urlo, che pareva un ruggito, rintronò nella camera. Gaudenzio accorse.
— Eccolo! — sclamò il dentista mostrandogli sulla tanaglia un dente forcuto, sanguinante.
Martina sbruffava e sputava sangue in un catino, ed ebbe a risciaquarsi per un pezzo prima di riprendere un po’ di respiro.
Il dottore rovistava il dente con una pinzetta, e Gaudenzio tanto per mettere una barzelletta sul passato, disse a Martina:
— Quel lì, te farà mal mai più!
— Gesus, Gesus! — sclamava lei levando le mani — credevi de restag sota!
Ma quel maledetto picchio se n’era andato, e Martina si sentiva sollevata.