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sentiva tirato sulla porta, e gli lasciava di occhi dietro.

Santo Dio, infine per la vecchiaia è una gran consolazione quella di esser nonno, e rivivere nelle carezze di un bamboccino che viene dal nostro sangue.

E se in quel momento così triste, in quella camera squallida, gli avessero buttato fra le braccia quell’angioletto roseo, sorridente; egli povero vecchio non avrebbe più sentito lo sgomento della solitudine; se quelle manine gli avessero chiuso le ciglia, se quella vocina gli avesse susurrato sulle labbra: — Dormi, nonno... oh egli avrebbe riposato tanto volontieri...!

— Ah sì, tuo nonno... tuo nonno, povero bamboccio... e lascia fare a me!

E nella pace di quella radiosa visione, Gaudenzio trovò la persuasione del sonno, e si addormentò . . . . . . . . . . . . . . . . .

Martina invece contò tutte le ore, e quando finalmente si diffuse nella camera la chiarità mattutina, recitò mentalmente un pater per ringraziare il Cielo di averla portata fuori di quella notte di tormenti.

Gaudenzio si svegliò riposato, tranquillo. Le tragiche meditazioni della veglia avevano dissodato il suo cervello dilatandone gli orizzonti; un raggio di