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a tresette nell’osteria, come erano squagliati uno dietro l’altro! Un giorno uno non veniva, e di lì ad una settimana, ecco che lo portavano al cimitero, incalzato da quei demonii della confraternita che urlano dietro ai morti quei Deprofundis che fermano il sangue ai vivi. . . . . . . . . . . . . . . . .

Uno che poche ore prima era in partita, allegro, sano come un pesce, eccolo stramazzato di secco, senza neanche lasciargli il tempo di digerire l’ultimo quintino. . . . . . . . . . . . . . . . .

E Gasparo il conciacapelli così faceto, così rumoroso; e Tonio Sezzola detto il Bavella che invece del vermout si beveva dodici peperoni per stuzzicare l’appetito; e Giovanni il falegname, così appassionato per il quartirolo; e quell’altro così chiassoso, così matto, Gegio Bicocca, il Musichino, che dopo il primo litro assordava l’osteria con le sue belle canzoni, e non la smetteva finchè non lo pigliavano per i panni e lo buttavano a vociare sulla strada... Tutti buona gente, buoni compagnoni, forti, robusti, e tutti morti! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Gesummaria! come si fa a prenderlo sul serio questo mondo pieno di malinconie e di funerali?

Starsene anni ed anni in un tugurio a lesinare