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tanto, ma per buona voglia che ci mettesse, quando si trattava di masticare, era finita, bisognava rinunziare a quei bei piatti.

I signori dell’altra tavola verso la finestra, ora che erano ben pasciuti, sfogavano l’allegria in chiacchiere; uno raccontava lepidezze, gli altri ascoltavano, saccheggiando le confetture ed i biscottini, ma non potevano mai ridere di cuore, perchè avevano sempre la bocca piena.

Una donnona grassa, turgescente, sbucò sulla porta, otturandola quasi con la sua voluminosa persona; e dietro lei fece capolino un giovane alto e secco che aveva una faccia da galletto irrequieto.

Parevano a prima vista marito e moglie, ma a guardar ben bene, si capiva che c’era qualche cosa di meno.

Presero posto nella tavola di fianco a quella dei Gibella. La grossa signora con mossa da prima donna, salutò le madame ed i signori dell’altra tavola, squassò le vesti, e sedette, facendo gemere quella povera seggiola sotto il peso muto de’ suoi fianconi massicci.

Intanto si levò i guanti, e si tirò giù il giubbetto, sotto cui ponzavano rigogliose le protuberanze del seno.