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gnatore audace e fantasioso. Barbette e barbacce incolte, ballonzolanti in su in giù e di traverso, secondo i movimenti delle ganascie; bocche nere che sempre inghiottivano, baffi unti di sugo che si tuffavano risciaquandosi nei bicchieri; occhi desiosi, pascolanti a tutta presa sulle nuove portate, e da ogni parte brancicamenti, incrociarsi di mani che brandivano bottiglie, e colmavano bicchieri.
Martina affacciandosi alle sale del pianterreno, si sentì ributtare dal tanfo di chiuso e dalle occhiate sfacciate dei mangiatori attruppati.
— Andem de sura — disse Gaudenzio.
Di sopra convitavano i villeggianti; le sale avevano un aspetto meno selvatico.
C’erano signori in punto e virgola, teste pettinate, liscie, presentabili; persone ammodo che sanno piluccare nei piatti, e spazzarli con garbo, senza aver l’aria di rapinare la porzione degli altri.
Alcune signore in linci, posate a mensa con distinzione e compostezza, davano all’ambiente un tono di famigliarità signorile; le sale erano meno fumide, le tovaglie più fresche, niente chiasso, nè baffi unti da sgrassare nel bicchiere.
Si mangiava bene là entro; quei signori sapevano forbirsi le labbra civilmente, senza ridurre il