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con un fischio l’arrivo ad Omegna, e Gaudenzio se la prese anche col piroscafo:
— Adess el sifola, sto birbon. Ades che se stà ben!
Riprese il suo saccone bagnato, e si avviò su per la scaletta seguíto da Martina.
Pioveva a cascatelle. Un rovescione d’acqua rullava sulla spianata dello sbarco, e tutti i viaggiatori via di corsa, saltando guazzi, e sprazzando fanghiglia, per riparare sotto il portico del palazzo municipale.
Il tragitto era breve, ma dopo pochi passi in mezzo a quel diluvio, Gaudenzio si sentì infracidito fino alle ossa.
Sotto il portico ripararono anche i due eleganti Rulloni e Giuseppino, sempre freschi arzilli, correttissimi anche in mezzo alla piova ed al fango, pavoneggiandosi uno della compagnia dell’altro.
Gli sposini Segezzi che avevano fatto il viaggio sotto coperta, abbracciati in un cantone oscuro, erano sul di fuori del caffè in aspettativa che si chetasse il diluvio per recarsi all’albergo della Posta, dal Cecco, famoso in tutta la riviera per i suoi pranzi luculliani a lire due e mezza.
La piazzetta era allagata di acqua e di fanghiglia nerastra. Sotto i portici rozzi, antichi, delle case circostanti, scalpitava pigiandosi una folla di