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— Gho no volontà de tra foera i man! tutt l’è l’istess... tant chi se pò nò andà via!
Erano nel bel mezzo del lago, e filavano verso Pettenasco. La nebbia diradava, il sole piatto, opaco, sbarbato di raggi, gravitava sbiadito nella fumida coltrice che sommergeva tutta la riviera.
Le montagne avevano tinte di un verde livido che metteva i brividi; il Motterone sfumava nella nebbia, pigliando nella sua giacitura mezza riva del lago, ed una covata di villaggi e di casolari. Torreggiava nel cielo grigio, immane marsupio di macigno, come in procinto di colmare la scodella del lago col suo groppone di dromedario.
A Pettenasco non c’era un cane all’imbarco, nessuno scese, nessuno montò, ed il battello tirò via beccheggiando al largo.
— Ghè domà i matti — borbottò Gaudenzio sotto il bavero — ghè domà i matt, che van in barca a fa i sorbett!...
Il battello puntava verso Omegna; lontano, sullo sfondo nebbioso, baluginavano le montagne dell’Ossola.
Il sole, che poco prima era riuscito a filtrare una pennellata scialba biaccosa attraverso alla fumana, adesso si era completamente dileguato, e nell’aria fredda gocciava una pioggerella fitta, minuta.