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Appena muoversi, stiramenti da tutte le parti; sedersi era un guajo; alzarsi, peggio ancora; ad ogni passo le loro ossa scricchiavano come nacchere.
— Mi gho ’l filon de la schiena tutt a tocc! — sclamava di quando in quando Gaudenzio; e adesso quella nebbia, quel freddo umido, completavano lo sconquasso delle loro membra.
Martina frolla, stremenzita, stava a sentirsi le sfitte delle ganascie, e Gaudenzio sospirava più che mai il suo bel seggiolone lasciato laggiù nel suo botteguccio tiepido, riparato, olente dei profumi di coloniali. E poi, nel retro del negozio, c’era la cucina, e quel bel fornellone nero di fuliggine, rallegrato dalla fiamma che lambiva la marmitta nera, grassa, piena di brodo gorgogliante e bollente.
Ah Dio, che letizia sorbire una buona tazza di brodo caldo in quel cantuccio tiepido!
Invece, accidenti alla campagna! ecco che filavano a rotta di collo su quell’acqua verde profonda, che nella lontananza pigliava una lucentezza d’acciaio, che metteva gli sgriccioli sotto la pelle; ecco che per ispassarsela, veleggiavano turbinando nella nebbia umida, coi piedi sorbettati, un soffietto nel collo, nella schiena, dappertutto... roba da pigliarsi una costipazione così arrabbiata, da andarsene dritto al paese dei pappagalli!