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Martina pallida, convulsa, stava per cadere in deliquio, quando una voce allegra, ruppe il silenzio della valle.

— Ehi Carlino?... sbrighiamoci!

Per l’amore di tutti i Santi! Gaudenzio riconobbe quella voce... ma sì, ma sì, era lui!... eccolo! ecco il professore Augustini che sbucava da una macchia, ed ecco il suo bel figliuolino più in su, che scendeva a precipizio per raggiungere il babbo.

Gaudenzio non ebbe freno alla gioia, e protendendo le braccia come naufrago che scorge una vela, urlò:

— Professore!... professore! siamo qui... siamo noi!... Oh sia benedetto!

La gioia, l’entusiasmo, la felicità di quei poveri Gibella, sono cose indicibili. Ah certo valeva la pena di passare per l’ingranaggio di quelle torture di spasimi e di spaventi, per arrivare ad un’estasi così sconfinata di consolazione.

Eccolo quel benedetto professore, proprio lui, con la sua faccia da Evangelista! Martina abbacinata dalla riconoscenza, vedeva addirittura l’aureola radiosa dei santi intorno a quella testa sudata, e mancò poco che non cadesse in ginocchioni.

Gaudenzio usciva dalla pelle; corse su per l’erta