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— Che ora l’è?
— Quasi un bot.
Passava una ragazza con la gerla ripiena di erbaccio.
— Bella figlia — chiese Gaudenzio — Artò l’è ancora lontano?
— Artò?... eh... una mezz’oretta — rispose la montanara, e via svelta, le mani sui fianchi vigorosi, e le gambotte muscolose fatte a colonna.
Il sole adunghiava ferocemente. Martina riprese la marcia, e Gaudenzio dietro a malincuore, ma con la consolante speranza che la moglie non resisterebbe a lungo.
Provò a levarsi il cappello, ma il sole flagellava la sua testa arrapata e sudata, dandogli certe caldane che lo stordivano. Rimise il cappello, e si sbottonò il solino già molle di sudore.
Ma quella sua palandrana di vestito gli pesava; pensò bene di levarselo e portarlo sul braccio, andando innanzi scamiciato; e sempre su, per una strada così ripida che gli metteva le ginocchia fin sulla bocca.
Alla prima tratta ombrosa, Martina fece il solito alt, ed entrambi stettero un istante a guardarsi indietro.