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— Mi meraviglio di lei! — scattò a dire il professore, protendendosi con tutta la vigorosa persona verso il turgido avvocato.
— Mi meraviglio di lei, — ribattè ancora, battendo una mano sulla tavola: — qui siamo in luogo pubblico, e non è lecito tenere un simile linguaggio! Le cose che a lei paiono buffonate, per me sono degne di venerazione. Rispetto per rispetto!
Il tono, il gesto, il saettare degli sguardi del professore erano così virilmente affermativi, che l’avvocato si sentì nella pancia un tuffo di smarrimento, e per un attimo gli parve che la giacca di tela del suo interlocutore, avesse lucori e tintinnii metallici, come maglia di arciere medioevale; e vedendo quella maestosa figura in atto di librarsi su lui, si strinse nelle spalle, borbottando incomprensibili parole.
Il procuratore Begozzi si interpose bonariamente per sedare la cosa, e credette di mettere acqua sul fuoco, dicendo che quanto a rispettare Garibaldi erano tutti d’accordo; e che l’avvocato con le sue parole voleva alludere ai tanti scalzacani che si aggiravano intorno alla grande figura del generale.
Peggio che peggio!
— Ho l’onore di dirle, — tuonò il professore, — che anch’io sono uno di quegli scalzacani, e me ne vanto!