Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
124 |
Ah che diavolo di un avvocato! che risata clamorosa a quei versi! le donne imploravano: Basta, basta! contorcendosi, e quando la brunetta potè parlare, disse:
— Avvocato... in che opera sono quei versi?
— Un’opera che sto componendo io, e che si intitolerà: Cani e Gatti; ho già pronta la partitura per cano e pianto... cioè no, per pianto e cano!
Tutti scapparono sotto la tavola per non schiattare... Ah che birbo! che faceto!... roba da morire!
Il pranzo filava allegro, tutti erano in vena di appetito; ogni portata andava via spazzata, e l’avvocatone tirando sempre giù l’ultima porzione, non mancava mai di dire all’ostessa rimettendo il piatto vuoto:
— Questo qui lo metta in disparte per domani — oppure: — Assolutamente questo piatto non si può mangiare! — e giù una risata in coro; l’avvocato ne studiava una più bella, e consegnando la tecchia vuota del risotto, sclamò:
— Ehi, cuoco... mettiamoci un po’ di sale!
Figurarsi che risata!
Fuori ricominciava la pioggerella. Il professore e Carlino rientrarono nella locanda di nuovo bagnati, e misero un’altra fascina sul fuoco.