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Errico per il bavero, lo strascinò allo sgabello, sclamando:
— Suona, Errico!... suona la mia marcia!
La sua marcia era l’entrata dello Sciah Kaimakà dei Due Orsi... Era pazzo per quella roba. Errico intonò la marcia. A quelle vibrazioni il papà Segezzi preso da subita frenesia, abbrancò la moglie per la vita, piroettò con lei un istante ricalcitrando sulle sedie, e sarebbe forse andato oltre, se la Zina non avesse strozzato la musica gettandosi sullo sposo e morsicchiandolo nei baffetti.
L’ostessa diede in tavola la zuppa. Intanto il tempaccio si era acquetato. I nuvoloni gravidi correvano veloci soffiati dal vento, e lontano dietro la torre di Buccione, il cielo torbido si squarciava in una fenditura azzurra.
Il professore e Carlino a quella promessa di sereno, sghisciarono subito nel pantano della spiaggia, e fecero esperienze col fazzoletto a vela sulla direzione del vento.
Gaudenzio e Martina dormivano della grossa, sognando forse il bel sole di Sanazzaro e la quiete domestica del loro botteguccio.
Sor Gaudenzio si svegliò per il primo tutto pesto, ingranchito; sbadigliò stirandosi in ogni senso, e guardò l’orologio. Erano le tre.