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oggi da Soriso una comitiva di signori che già hanno ordinato il pranzo.
Sor Gaudenzio guardò l’orologio; erano le dieci.
— Ehm de fa colezion? — chiese a Martina.
— Adess? Sem a pena vegnì giù del lett!
— Mi gho un frecc de can! — borbottò Gaudenzio guardando in cagnesco verso il capitano che teneva il balcone spalancato.
Si alzò ed andò fuori ad esplorare il tempo. Il vento soffiava di traverso una pioggia fitta e rabbiosa: il cielo era chiazzato di nuvoloni gravidi di bufera, la spiaggia allagata di guazzi e di fanghiglia: il lago plumbeo, flagellato, squassava cavalloni torbidi.
Una raffata di vento gli soffiò sotto la giubba una stretta gelida, buffandogli via il cappello; il povero droghiere co’ suoi calzoni sottili, schiacciati dal vento contro le gambe magre, si avventò di corsa a raccattare il suo tegamino che scappava rotolando nel brago, e rientrò intirizzito in cucina.
— Piove sempre? — chiese il professore.
— Par de sì.
— Dove te l’è mess el capel? — sclamò Martina.
— L’è andà de per lu in la fanga... — rispose
Cagna. La scampagnata. | 8 |