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e sperare in Dio che quel tempaccio non facesse spropositi.
Pioggia e vento imperversavano sulla riviera. Il lago, ravvolto nella fumea densità di vapori biancastri, si agitava scomposto flagellando la spiaggia.
Nel mezzo, oltre l’isola, le onde verdastre subbugliavano in gorgogliamenti vorticosi, e giù in fondo nella bruma fredda, sfumavano in una striscia livida piena di minaccie.
I colli di Gozzano e di Ameno, maceravano sotto un fitto velo di piova. Orta pareva sommersa nella nebbia e nel freddo; il Motterone ergeva nel cielo nuvoloso la sua immane schiena di cavallone chiazzata di fiocchi e di batuffoli di nuvolaglia bianca.
— Adess sem bei! — sclamò madama Martina guardando il lago dalla finestra.
Non ci mancava altro per completare le delizie di quella scampagnata. Sor Gaudenzio aveva deciso di portarsi nella giornata a Omegna.
Martina tirò fuori lo scialle, ed il marito, che non aveva soprabito, si contentò di abbottonarsi.
Uscire, era pazzia; non si poteva metter muso fuori dell’uscio senza pigliarsi schiaffi rabbiosi di vento e di piova.
Scesero abbasso e presero il caffè in cucina. In