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Entrava nella bottega del prestinaio per la provvista del pane, e poi dal salumaio per formaggio e salame, e giù tutto nella sacca di Carlino; poi passava dall’acquavitaio per riempire il borraccino, e lì, due ciancie in fretta, saluti al padrone, alla padrona, ai piccini, e via; e tutti fuori sulla bottega a riverire e salutare il signor professore.
Egli stringeva la mano a tutti, dava del voi senza distinzione, e tutti si pigliavano contenti quel tono confidenziale come una mancia.
Infine padre e figlio prendevano l’erta, e su, un giorno a Varallo passando per Artò, e ritornando la sera per la via di Arola; l’indomani a Celio, poi a Valduggia, poi a Omegna girando le punte delle montagne.
Sgambettate da camoscio; e sempre innanzi coi loro bastoni, con le loro scarpacce, soffermandosi in qualche casolare, in qualche alpe, per sbocconcellare la colazione inaffiata con una scodella di buon latte, o, in difetto, con acqua fresca e chiara di sorgente.
E quell’allegria sana, quella festa di muscoli e di polmoni esercitati all’aria libera, durava tutta la giornata. Entrambi sentivano la smania febbrile di arrampicarsi per pigliar sempre il sole più in alto,