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I genitori della Zina abitavano in campagna nelle loro terre sul Lodigiano; erano ricchissimi e non avevano che quell’unica figliola, luce dei loro occhi. Ma la Zina era uscita dal collegio educata, ingentilita ed innamorata a perdizione del suo professore di disegno, aveva in uggia la casa paterna, e nicchiava, nicchiava in preda ad una cotta che le spegneva ogni allegria, e toglieva l’appetito ai suoi buoni genitori.
Dopo alcuni mesi di quella vita, fu deciso che la Zina avrebbe continuato i suoi studi di disegno, sotto la scorta dell’elegante professorino.
E così gli innamorati ebbero modo di rivedersi ogni sabato, giorno stabilito per la lezione; il professore arrivava col primo treno del mattino, pranzava con la famiglia, suonava a quattro mani con la Zina, faceva all’amore a quattr’occhi negli anfratti ombrosi del giardino, ed alla sera con l’ultimo treno ripartiva, lasciando in quella casa uno strascico di ineffabile letizia.
Papà Segezzi e la sua signora sapevano ogni cosa, la Zina era padrona di tutti, ed a contrariarla non ci pensavano nemmeno per sogno.
Infine le cose fra i ragazzi andarono a segno, che la migliore di tutte era quella di sposarli una