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proemio | VII |
aveva appena disegnato e ordinato nella mente, sebbene solesse ripetere, allora più che mai, con Cicerone, che «senectus ipsa est morbus»1. E in verità finché ebbe forza d’alzarsi dal letto, e fu pressoché fino agli ultimi giorni del viver suo, rimescolava quelle tante schede ch’erano il frutto de’ suoi studi e delle sue ricerche; e parlava a me, credo più volentieri che ad altri, della sorpresa che avrebbe fatto con quella pubblicazione tanto desiderata, continuando con alacrità giovanile a sforzare l’ingegno e la memoria nel provarsi a decifrare le marche di varie fabbriche e le sigle dei pittori segnate in alcune belle maioliche toscane e non toscane. Io sentivo stringermi il cuore vedendo che ormai non v’era più speranza; e mi doleva di non avergli fatto dolce violenza quand’era tempo; quando, cioè, lo secondavano ancora le forze, e accennava non solamente a questo, ma anche ad un altro lavoro concernente la Miniatura, per il quale diedi qualche ordine, copiandoli, a una parte de’ suoi appunti storici e artistici{2.
Fra la speranza e il dubbio di poter scrivere il libro, che egli avrebbe intitolato: Di Cafaggiolo e delle altre fabbriche di maiolica in Toscana, Commentario
- ↑ Ma lo stesso Cicerone notò (De Senec, e, 7, in fine): «Nemo enim est tam senex, qui se annunci non puteat posse vivere».
- ↑ Virgili, Elogio cit., dove a pag. 47 si legge: «Meditò anche una Storia della Miniatura, di cui diede un primo saggio in un Periodico (Nuova Antologia, 1871), e per la quale intraprese, insieme coll’ amico Pini, per conto del Governo, un viaggio in Italia».