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IV | proemio |
«La sua lettera, (egli scrisse), tanto cortese al solito, mi fu, come può immaginare, graditissima: alla quale se non ho dato così sollecita risposta, di grazia me ne scusi, e non l’attribuisca ad altra cagione, che a quella pigrizia che suole spesso assalirmi, e che non sempre riesco con mia vergogna a vincere.
La mia salute, della quale Ella per sua bontà mostra di pigliare tanto interesse (e di ciò la ringrazio vivamente), si può dire che, considerata la mia età, adesso sia buona; ma non potrei affermare che tale fosse ne’ primi mesi della mia villeggiatura; chè la ostinata tosse catarrale portata da Firenze, la grande disappetenza e debolezza, ed un malessere generale accompagnato da malinconia, mi trassinarono assai. Ed in queste condizioni di corpo e di spirito, mi mancò per qualche tempo il potere e la voglia di applicare a’ miei diletti studj. Pure nel mio lento e ormai vecchio lavoro che Ella sa, e di cui mi domanda, sono andato avanti, ma non tanto che si possa dire intieramente compiuto.
Ora venendo alla lettera del signor Wallis a Lei indirizzata, e che Ella mi trascrive tradotta, io, secondo il mio solito, le parlerò chiaro e schietto. Confesso che, leggendola, sono rimasto per qualche tempo coll’animo sospeso se dovessi compiacere o no alla sua richiesta. Pensai che domandandomi la copia di quei documenti, ed io concedendola, egli avrebbe per mezzo di quelli provato anticipatamente e senza fatica