Discreta e saggia nel suo ragionare,
E signorevol donna nello aspetto,
Lieta e baldanzosa nello andare;
Onde, s’agli occhi miei die’ tal diletto,
Che, donandomi a lei uom ritornai
Di brutta belva, ad uomo d’intelletto,
Non pare ingiusto nè mirabil mai,
Chè l’eterno signor credo che gioia
Abbia, dicendo in sè: io la formai.
Ell’è ispegnitrice d’ogni noia,
E chi la mira ben negli occhi fiso,
Torna pietoso, o convien che si muoia.
Quanta sia la virtù che il bel viso
Suo spande in quella parte ove si gira,
Soll’io, che per dolcezza son conquiso.
Superbia, accidia, ed avarizia, ed ira
Quando la veggio fuggon della mente,
Che i contrarii lor dentro a sè tira:
Ond’io prego ciascun devotamente,
Che subietto è com’io a quel signore,
Che ingentilisce ciascuna vil mente,
Ched e’ prieghin per me, che nell’amore
Di questa donna lungamente io sia,
E che io d’onorarla aggia valore;
E simile orazion sempre mai fia
Fatta per me, in servigio di quelli
Che allegro possiede o che disia:
E per coloro ancor che son rubelli
Con le lor donne, acciò ch’egli abbian pace,
E che angoscia più non gli flagelli.