La trasportaron quasi infino al foco,
E poi, rivolta in giù, venia rotando
E discendendo sè a poco a poco;
Fra gli alberi e le frondi folgorando,
Percosse quella sì ferocemente,
Che dal capo alla coda lanïando
L’andò la pelle con l’unghion tagliente,
E risalita ancor, la riferio
Un’altra volta vie più fieramente.
La varïata lonza, che sentio
I fieri colpi, in terra si distese,
E quivi dibattendosi morio.
La bella donna il forte uccel riprese,
Ed alla lonza trasse il caldo cuore,
E l’aquila pascè; e poi discese
Del monte, faccendo un gran romore
Zizzola e Ciancia, e dicean: piglia, piglia,
Dietro ad un bianco cerbio, che di fore
D’un cespuglio fuggiva a maraviglia,
Per molti can che dietro si sentia,
De’ qua’ ciascuno a prenderlo si piglia.
Ma Ciancia, che conobbe la sua via,
Traversò il monte e riuscigli appresso
Sopra ad un balzo ove ’l monte finia;
E poi ch’ell’ebbe all’arco lo stral messo,
Ch’ella portava in mano, apersel forte,
E lui ferì in quello punto istesso;
Quivi, vermiglio ritornato, a morte
Ferito si sentì, nè più potero
Portarlo avanti le sue gambe accorte.