cendo, che nè men possono esser certi di questo, cioè, che cosa alcuna non si possa determinare.
- Seb.
- Guardate l’industria di quest’altra academia, ch’avendo visto il modello de l’ingegno, e notato l’industria di quella, che con facilità ed atto di poltronaria volea dar de’ calci, per versar a terra l’altre filosofie, essa armata di maggior pecoraggine con giongere un poco più di sale de la sua insipidezza, vuol donar la spinta ed a quelle tutte ed a cotesta insieme, con farsi tanto più savia di tutte generalmente, quanto con manco spesa e lambiccamento di cervello in essa s’intogano ed addottorano. Via, via, andiam più oltre! Or che debbo far io, essendo ambizioso di formar nuova setta, e parer più savio di tutti, e di costoro ancora, che sono oltre li tutti? Farò qua un terzo tabernaculo, piantarò un’academia più dotta, con stringermi alquanto la cintura? Ma vorrò forse tanto raffrenar la voce con gli Efettici, e stringere il fiato con li Pirroni, che per me poi non esali spirito e crepi?
- Saul.
- Che volete dir per questo?
- Seb.
- Questi poltroni, per scampar la fatica di dar ragioni delle cose, e per non accusar la loro inerzia, ed invidia, ch’hanno a l’industria altrui, volendo parer migliori, e non bastandoli d’occultar la propria viltade, non possendoli passar avanti, nè correre al pari, nè aver modo di far qualche cosa del suo, per non pregiudicar a la lor vana presunzione, confessando l’imbecillità del proprio ingegno, grossezza di senso, e privazion d’intelletto, e per far parer gli altri senza lume di giudizio de la propria cecitade, donano la colpa a la natura, a le cose, che mal si rappresentano, e non principalmente a la mala apprensione de li dogmatici; per che con questo modo di procedere sarebbono stati costretti di porre in campo al paragone la lor buona apprensione, la quale avesse parturito miglior fede, dopo aver generato miglior concetto ne gli animi di