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dialogo ii. 51

l’umano intelletto ha qualche accesso a la verità; il quale accesso, se non è per la scienza e cognizione, necessariamente bisogna, che sia per l’ignoranza ed asinità.

Cor.
Nego sequelam.
Saul.
La conseguenza è manifesta da quel, che ne l’intelletto razionale non è mezzo tra l’ignoranza e scienza; per che bisogna, che vi sia l’una di due, essendo doi oppositi circa tal suggetto, come privazione ed abito.
Cor.
Quid de assumptione, sive antecedente?
Saul.
Quella, come dissi, è messa avanti da tanti famosissimi filosofi e teologi.
Cor.
Debilissimo è l’argumento ab humana auctoritate.
Saul.
Cotali asserzioni non son senza demostrativi discorsi.
Seb.
Dunque, se tal opinione è vera, è vera per demostrazione; la demostrazione è un sillogismo scientifico; dunque secondo quei medesimi, che negano la scienza ed apprension di verità, viene ad esser posta l’apprension di verità e discorso scienziale, e conseguentemente sono dal suo medesimo senso e parole redarguiti. Giongo a questo che, se non si sa verità alcuna, essi medesimi non sanno quel che dicono, e non possono esser certi, se parlano o ragghiano, se son uomini o asini.
Saul.
La risoluzion di questo la potrete attendere da quel che vi farò udire a presso; per che prima fia mestiero intendere la cosa, e poi il modo e maniera di quella.
Cor.
Bene. Modus enim rei rem praesupponat oportet.
Seb.
Or fatene intendere le cose con quell’ordine, che vi piace!
Saul.
Farò. Son trovati tra le sette de’ filosofi alcuni nomati generalmente Academici, e più propriamente