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dialogo ii. 49
meno o inspiritato, dove non è espresso, e donde non si può premere più sentimento, che possa ritrovarsi in un spirito cavallino, allora, per mostrar d’aver dato sul chiodo, esclamarà: O magnum mysterium! Se per avventura si trovasse un libro di —
Seb.
Non più, di grazia, di questi propositi, de li quali siamo pur troppo informati; e torniamo al nostro proposito!
Cor.
Ita, ita, sodes! Fatene intendere, con qual ordine e maniera avete ripigliata la memoria, la qual perdeste nel supposito peripatetico ed altre ipostatiche sussistenze.
Onor.
Credo aver detto a Sebasto, che quante volte io migravo dal corpo, prima che m’investissi d’un altro, ritornavo a quel mio vestigio de l’asinina idea, che per l’onor e facoltà de l’ali non ha piaciuto ad alcuni, che tegnono tal animale in opprobrio, di chiamarlo asino, ma cavallo pegaseo: e da là, dopo avervi descritti gli atti e le fortune, ch’avevo passate, sempre tenendomi a ritornar più tosto uomo, che altra cosa, per privilegio, che mi guadagnai per aver avuto astuzia e continenza quella volta con non mandar giù per il gorgozzuolo de l’umor de l’onde letee, oltre la giurisdizione di quella piazza celeste; onde è avvenuto che, partendo io da corpi, mai oltre ho preso il cammino verso il plutonio regno per riveder li campi elisj, ma ver l’illustre ed augusto imperio di Giove.
Cor.
A la stanza de l’aligero quadrupede.
Onor.
Sin tanto che a questi tempi, piacendo al senato de li dei, m’ha convenuto di transmigrar con l’altre bestie a basso, lasciando solamente l’impression di mia virtude in alto; onde per grazia e degno favor de li dei ne vegno ornato e cinto di mia biblioteca, portando non solamente la memoria de le specie opinabili, sofistiche, apparenti, probabili e demostrative, ma ed oltre il giudizio distintivo di quelle, che son