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46 | cabala del cavallo pegaseo |
- quello, per cui la scienza naturale e divina è stinta nel bassissimo de la ruota, come in tempo de li Caldei e Pitagorici è stata in esaltazione.
- Seb.
- Ma pur ti veggiamo esser stato tanto tempo in ammirazion del mondo, e tra l’altre maraviglie è trovato un certo Arabo, ch’ha detto, la natura ne la tua produzione aver fatto l’ultimo sforzo, per manifestar quanto più terso, puro, alto e verace ingegno potesse stampare, e generalmente sei detto demonio de la natura.
- Onor.
- Non sarebbono gl’ignoranti, se non fusse la fede; e se non la fusse, non sarebbono le vicissitudini de le scienze e virtudi, bestialitadi ed inezie, ed altre succedenze di contrarie impressioni, come son de la notte ed il giorno, del fervor de l’estade e rigor de l’inverno.
- Seb.
- Or per venire a quel ch’appartiene a la notizia de l’anima, mettendo per ora gli altri propositi da canto, ho letti e considerati que’ tuoi tre libri, ne li quali parli più balbamente, che possi mai da altro balbo essere inteso; come ben ti puoi accorgere di tanti diversi pareri ed estravaganti intenzioni e questionarj, massime circa il dislacciar e disimbrogliar quel che ti vogli dire in que’ confusi e leggieri propositi, li quali, se pur ascondono qualche cosa, non può esser altro che pedantesca o peripatetica levitade.
- Onor.
- Non è maraviglia, fratello; atteso che non può in conto alcuno essere, ch’essi loro possano apprendere il mio intelletto circa quella cose, ne le quali io non ebbi intelletto; o che vagliano trovar construtto o argumento circa quel ch’io vi voglia dire, se io medesimo non sapevo quel che mi volessi dire. Qual differenza credete voi essere tra costoro e quei, che cercano le corna del gatto, e gambe de l’anguilla? Nulla certo. De la qual cosa precavendo ch’altri non s’accorgesse, ed io con ciò venissi a perdere la riputazion