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orientale, Bruno aggiunge quelle del disordine spesso volontario de’ suoi scatti e delle sue uscite, che tutti i capricci d’una conversazione intesa più a divertire che ad ammaestrare, rende anche più grave. Perché l’autore ha scelto la voce Cabala? Per iscansare le censure dei teologi cristiani. A tal fine, attribuisce ai dottori ebrei il suo sistema d’interpretazione. «Io non fo altro, egli dice, che applicare il loro metodo alla favola di Pegaso e dell’asino».

Se non che Bruno segue assai più spesso l’ironia che gli andamenti della cabala. Questo scritto, in cui versa a mani piene l’erudizione e lo spirito, è tra il faceto e il grave; ma dal grave altresì traspare una celia sottile. Per la sua festività ritrae l’Elogio della pazzia; per la sua gravità la Ignoranza erudita. Come Erasmo, uno degli autori favoriti di Bruno,1 loda la pazzia, così Bruno cele-

  1. Princeps humanista, dice Bruno; Artific. perorandi, p. 137.