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l’ignoranza come il solo stato conveniente alla pietà ed alla saggezza. Si credono profondi, perché son pesanti e diffusi; e in realtà non sono segnalati per altro che per la loro grave futilità, per la «loro levità pedantesca»; son detti gli oracoli del genere umano; ma quando gl’incontri ed ascolti, non trovi in essi che asini. Imperocché, invece di riflettere, non fanno altro che credere e supporre. La loro fede in Aristotile è cieca. Arrolati sotto la sua bandiera, parlano come se non parlassero; decidono con fermo viso di quello che non capiscono; giurano sulle parole d’un maestro, che non s’è capito egli stesso: brevemente, vanno a tastoni ed asineggiano.

A rendere più ridicola la setta dominante, Bruno mette in iscena un personaggio chiamato Onorio.1 Costui, in grazia della trasmigrazione delle anime, è passato per stati assai diversi e ne ha serbato una

  1. Onorio, parola mezza greca, mezza italiana ωνος e rio, significa malvagio asino.