A fronte di queste ignoranze pretese ed impossibili, Bruno mette l’ignoranza reale ed ambiziosa dei dottori della scuola, la pretesa infallibilità dei peripatetici. Costoro si stimano tanto instruiti, tanto accorti quanto gli altri si dicono ignoranti ed assurdi. Si credono in possesso dell’onniscienza, ma sono per avventura più ignoranti di coloro, i quali consideranobuire agli errori dei dogmatici. Da quanto dice dello scetticismo antico appare che Bruno aveva letto attentamente Sesto Empirico, che Arrigo Stefano aveva donato allora alla filosofia. — D’altra parte è quasi certo che un discepolo moderno di Sesto, La Mothe-le-Vayer, autore del dialogo: Des rares et éminentes qualités des ânes de ce temps, s’era valso della Cabala. Come Bruno, e più seriamente, il pirroniano francese è di parere «que toute notre vie n’est à bien prendre qu’une fable, notre connaissance qu’une ânerie, nos certitudes que des contes, bref, tout ce monde qu’une fable et perpétuelle comédie». Onde non isdegna mai quel ch’egli chiama «la mitologia dell’asino». Questa mitologia, Bruno la fa cominciare con l’arca di Noè «illo asino qui ad conservandam speciem fuit in arca Noè reservatus». (De Umbr. idear. p. 294 etc. edit. Gfr.)"