ad una. Accennerò due parole sole di Gallarate, come borgo più insigne delli sopranominati, i quali per essere stati tanto astuti, sagaci e diligenti in guardare la sua communanza dal contagio, che tutto il mondo gli puzzava, gli pareva un schifo ed una marciura che, a parlare bisognava stargli lontano due picche, e più, finalmente per sua disgrazia, nè so come, se non per divino volere, v'entrò il fuoco con tal incendio che tutta l'aqua non era bastante a smorzarlo e spegnerlo, e fece tal strage e mina, che di gran lunga trapassò il segno di Busto per li mortorj; anzi, bisogna dirlo, in Gallarate, non vi era governo, nè intelligenza, nè provisione alcuna, come si teneva nella nostra terra di Busto, alla quale si può dare questa gloria ragionevolmente; anzi il signor cardinale Borromeo, nell'incendio della città, altra risposta non sapeva dare alli Conservatori di Milano, quando gli parlavano del modo di governarsi: imparate da quelli di Busto, diceva egli, e perciò quelli di Busto i quali in particolare erano aborriti, odiati e fugiti da quelli di Gallarate, sono stati quelli, che hanno soccorso ed ajulato quelli di Gallarate, da chirurgi, da monatti, d'indirizzo e di visite dal nostro signor capitano Giovanni Battista Ferrario, uomo prudente, ed in questa professione molto pratico e perito, come luogotenente del signor conte Claudio Rasino, presidente di questa regione, il quale la visitava, e vi si indrizzava più volte la settimana. Sicchè dove prima schernivano e spregiavano li poveri Bustesi, alla fine furono sforzati lodarli e benedirli. Così a Lonate, Samarate, Cardano ed a Gorla Maggiore, si sono mandati delli nostri chirurgi, delli commissarii, degli uomini, delle donne pratiche in questi bisogni di peste a curarli, a purgargli le robe e le case, del che ne sia lodato e ringraziato il Signore.