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ma si bene si giocava indovinare. In tanto tempo facendosi il morbo del Stato Milanese notorio a tutte le altre città di questa provincia e quasi a tutta l'Europa, venne una buona donna a Milano forse con pensiero di farsi ricca, la quale si esibì alla città di guarire li infetti da cotesto morbo. Fatta già la prova nella città, se bene non le riuscì, come si stimava, nondimeno fu mandato a Busto copia della ricetta di questo medicamento dal signor Carlo Landriano nostro patrizio, quale teneva fondaco e botega di guanti e de'profumi in Milano. La ricetta era questa: succo di zucca matta, aceto, antimonio preparato per provocare il vomito, e se ne dava un'oncia per matina per tre matine a digiuno alli appestati e li faceva vomitare e andare del corpo. Di quest'aqua ne potevano pigliare le persone sane per preservativo, e faceva l'istessa operazione; ma nientedimeno a molti fu dato a tempo e niente giovò.
„ Ora si era venuto a tal termine per la moltitudine de'morienti che in buona parte non se li faceva alcuna sorta d'esequie, se non gli erano fatte dal signor Pietro Bonetto nostro sacrista, ma avevano di somma grazia che fossero portati al lazaretto dalli monatti, i quali erano di dieci in dodici sempre, ai quali si era provvisto di una stanza vicina e attacata a S. Rocco, la quale era di messer Francesco Bosso dello Coccia. Questi monatti erano vestiti tutti ad una livrea di colore celestino, per conoscerli dagli altri; erano mantenuti dalla Commmunità di buone spese cibarie, pane, frumento, carne, formaggio, latticinii, buon vino, oltre quello si pigliavano da se stessi nelle case dei morti, di buone galline, salati ed altro, che la maggior parte del tempo erano ubbriachi. Se occorreva che si facessero le esequie a qualche persona di qualità, o vero a'sacerdoti, si facevano