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città per essersi inimicato il principe, si attendò con grosso esercito su le sponde del Ticino, e v'inalzò diverse bastie, colle quali interroppe e danneggiò il commercio tra quella regione e la città di Milano. Quivi sprovisto di vittovaglie, cercò procacciarsele per mezzo di una escursione militare, movendo con circa mille soldati a cavallo alla volta di Busto. Ciò saputo, il capitano Benedetto da Marano vicario del Seprio, ne avvertì il Duca di Milano, chiedendogli soccorso con lettera del 4 di aprile del 1408 (Doc. N. 3). I Bustesi alle minaccie di Facino opposero coraggiosamente le armi, pronti per non romper fede al Duca a sostenere la morte più sanguinosa. Circondarono quindi il borgo con uno steccato ed un secondo terrapieno, e vi scavarono all'ingiro una fossa molto profonda, sicchè solo si potesse accedervi per ponti levatoi, e quattro porte sempre chiuse. Liberali i borghigiani dall'imminente pericolo, attribuirono con facile credenza la loro salvezza alla potenza dei Re Magi, in cui onore votarono solenni processioni nei tre giorni precedenti la festa dell'Epifania, e a memoria di questo fatto rimane un frammento d'iscrizione su l'arco della porta intitolata dei tre Re Magi che così incomincia:

Perge tuos venerare deos: fuge crimina mortis,
Sicque dabunt et opes et sua dona soli.
Servarunt, neque adhuc quis spoliavit in armis.
Imbribus, aut alia mars ope fugit atrox,
Vertere tota ducis se credidit ira Facini.
Quo tibi castrorum more stat agger adhuc.
Quos supplex precibus reges, votisque vocaras,
Visi sunt et opem contribuere Magi:
Fugit: ubi vidit non cum mortalibus ullis
Sed se cum superis belligerare viris

1.

  1. Così stanno in un manoscritto che si conserva nella biblioteca Ambrosiana; e fanno parte di un'ode di Alberto Bossi dedicata ai Bustesi.